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Un modo altro di essere al mondo. Carla Accardi e il femminismo.

10 aprile 2024.

Giornata di studio a cura di Paola Bonani, Lara Conte, Laura Iamurri, Daniela Lancioni, organizzata in occasione della mostra monografica "Carla Accardi" a Palazzo delle Esposizioni.



Di seguito intervento scritto di Suzanne Santoro richiestole da Daniela Lancioni.


CARLA ACCARDI

di Suzanne Santoro


Il mio rapporto con Carla Accardi e Carla Lonzi fin dal 1971, anche fuori dai gruppi di autocoscienza di Rivolta Femminile, fu molto intenso. Ci vedevamo spesso in varie occasioni sia a Roma che a Milano e in tutte le altre città dove ci riunivamo con le altre appartenenti al gruppo di Rivolta Femminile.


Penso ancora a quei tempi e alla rottura tra le due e alla fine di Rivolta Femminile a Roma. È ancora molto doloroso per me. 


Vedevo molto spesso Carla Accardi anche perché abitavamo vicine. La vedevo col pennello in mano mentre dipingeva, mentre cucinava, perfino quando ricamava i bordi dei lenzuoli di lino. Le sue mani si notavano per l'eleganza e l’abilità e per lo smalto rosso che indossava sempre. 


Anni dopo sono diventata una Art Therapist della prima infanzia occupandomi dell'Atelier grafico pittorico dell’istituto dove lavoravo. Ho visto bambini anche di un anno che appena impugnato uno strumento da disegno o un pennello, con un impulso che usciva dal corpo dal braccio alla mano, disegnavano sulla carta. Carla Lonzi non amava l'abilità manuale e lo so perché fu lei stessa a dirmelo. Per la Lonzi, affinché si potesse ripartire, era necessario fare tabula rasa in tutte quelle aree di cui si occupavano le donne del Femminismo. Per la Lonzi tutte le occupazioni, professioni e il pensiero stesso erano in prestito dalla cultura maschile.


La cosa interessante è che noi artiste di Rivolta Femminile continuavamo a dipingere tranquillamente. Per la Lonzi la donna doveva abbandonare tutte le forme creative per trovarne altre nuove e diverse.


Io in verità credo che una donna artista abbia bisogno di chiedersi perché fa l'artista. Insomma, parafrasando Virginia Woolf: facciamo la fila dietro agli uomini finché non arriva il nostro turno? 


Lavorando io stessa con il disegno, lo definirei come un gesto di impulso ed organico molto arcaico e impresso nell'essere umano fin dagli inizi dei tempi. 


È ancora un linguaggio necessario al processo cognitivo che tutti i bambini sperimentano e che ha ormai perso la sua importanza. Il segno sovrastato dal verbale e dallo scritto lascia l'arte indietro come un simbolo interpretabile solo con una grande conoscenza. Così è stato un linguaggio lasciato ai pochi privilegiati e agli sfortunati che si imbarazzano perché incapaci di capirlo. A me sembra una grande perdita.


Carla Accardi con La Cooperativa di Beato Angelico (1976), assieme a me e le altre donne partecipanti, artiste e non, ha sempre appoggiato e continuerà ad appoggiare le donne artiste del passato e del presente. Aprimmo la prima mostra della Cooperativa con Artemisia Gentileschi di Eva Menzio e così continuammo alternando una donna artista del presente a una del passato.


Al Palazzo degli Esposizioni, alla mostra dedicata a Carla Accardi c’era la stessa


mostra presentata alla Cooperativa del 1976 con delle foto del passato dedicate a lei stessa e alle sue antenate femminili. 


Per Carla Accardi questo rappresentava il suo saluto al Femminismo ed è stata la sua determinazione a fare di lei la Regina della Pittura!

 

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